lunedì 11 febbraio 2013

Intervista a Fabrizio Ago



Sono molto felice di ospitare, oggi, il collega della redazione di “Espressione Libri”, nonché grande scrittore, Fabrizio Ago.
Benvenuto, Fabrizio!

Innanzi tutto consentimi di dire, Rossana, che mi fa molto piacere essere qui, ospite del tuo blog e che sono prontissimo a rispondere alle tue domande. E poi tanti cari saluti a tutti gli amici di "Espressione Libri".

Fabrizio Ago
Sei nato a Torino e da qualche anno, vivi a Toronto, in Canada. Sono molto curiosa e credo anche i miei lettori, di sapere come hai maturato questa scelta e se ti va di raccontarcelo, come ti trovi in quella che dev’essere una splendida città. Posso chiederti di parlarcene?

Dalla metà del primo decennio del 2000 mi sentivo alquanto demoralizzato per la situazione economica, ma soprattutto socio-culturale in cui versava il nostro Paese (ed ancora versa, come dimostrato da questa assurda campagna elettorale) e da tempo pensavo di andare a vivere altrove, se non per sempre, almeno per un lungo periodo. 
Aspettavo solamente di raggiungere l’età pensionabile. Poi la mia compagna ha avuto la proposta di venire per lavoro qui a Toronto, città civilissima, dove tutto funziona, dall’amministrazione, ai trasporti pubblici, al sistema sanitario, e dove la corruzione è agli ultimi posti nelle statistiche mondiali. Ci è così sembrata un’occasione da non mancare. 
Non è una città inquinata e questa non è nemmeno una zona fredda, come comunemente si crede. Da quando siamo arrivati ad esempio non abbiamo mai visto “un bianco Natale”. Vi si può circolare in assoluta sicurezza sia di giorno che di notte, vi è piena libertà di stampa e di opinione, gli stranieri sono sempre ben accolti. I pedoni sono considerati dei cittadini e non un fastidio e per strada hanno sempre la precedenza, agli anziani vengono riconosciute particolari agevolazioni e vengono generalmente considerati con rispetto. Tutto si risolve rapidamente per telefono e le lungaggini burocratiche non si sa proprio cosa siano. 
Inoltre io, che non pratico molto sport, anche senza troppo allontanarmi (non abbiamo macchina), ho la possibilità di fare lunghe passeggiate completamente immerso nella natura, tra boschi, fiumi e laghi, incontrando animali ed uccelli di tante specie. 
I musei, la mia passione, sono poi molto belli, modernissimi e ricchi di splendide collezioni. Le biblioteche ben funzionanti e dotate di interessanti facilities, come stanzette private per i lettori. Alla Robarts Library ho avuto la sorpresa di constatare come abbiano nel catalogo miei libri, anche in italiano, pubblicati in anni più o meno recenti.
Le distanze infine, rispetto ai nostri cari rimasti in Italia, non sono terribili. In otto ore con volo diretto, si arriva comodamente a Roma. Anche altri Paesi, dove ho occasione di andare per convegni, li posso raggiungere facilmente. Due anni orsono sono andato a Shanghai, ed anche in quel caso con un comodo volo diretto.

Sei padre di famiglia, ora anche nonno… architetto, esperto della Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri. Mamma mia, quante belle esperienze… ci racconti qualcosa della tua vita?

Quando mi sono laureato, subito capii che la professione in Italia poteva essere praticata solo con grandi compromessi ed entrando nella cerchia di qualche gruppo politico. Preferii così prendere la via dell’estero, ed in particolare andai a lavorare nell’Africa sub-Sahariana, di cui ho conosciuto diversi Paesi. Ho poi lavorato per un breve periodo per l’UNDP (Nazioni Unite), sempre in Africa, ed infine sono approdato alla Cooperazione allo Sviluppo. Qui proposi la creazione di un settore per il Patrimonio culturale e, dopo alcune iniziali diffidenze, le mie idee vennero molto apprezzate. Contemporaneamente i miei ambiti di intervento si sono spostati ed ho cominciato a viaggiare sempre di più tra Mediterraneo, Paesi della ex-Jugoslavia e Cina. 
Da sei anni sono in pensione, ma continuo a non fermarmi ed a viaggiare, per convegni, seminari, premiazioni. Tra qualche mese, ad esempio, dovrò andare per importanti riunioni in Brasile, Paese che in America Latina ancora mancava al mio appello (per lavoro ero stato solo in Uruguay). 
Cosa dire poi della mia vita privata? Mi ero sposato nel 1968 ed avevamo avuto due bei bambini (maschi). Poi le cose non andarono bene e divorziammo. Diciamo che la mia vita sentimentale è stata abbastanza burrascosa, con anche ripercussioni di tipo giudiziario, fino a quando ho conosciuto la mia attuale compagna, con cui convivo in piena armonia e con reciproca soddisfazione, da più di dieci anni. 
Nel frattempo i miei figli sono cresciuti, si sono più o meno ben sistemati ed entrambi mi hanno fatto il bel dono di un nipotino. Prima una nipotina, che vive a Milano, e da due anni, un nipotino che vive a Roma, e che mi ha tra l’altro fatto la gradita sorpresa di nascere proprio nel giorno del mio compleanno. Loro sono ancora piccoli per affrontare un viaggio da soli e venire a stare in Canada con il nonno, e così io mi organizzo per andare almeno due o tre volte l’anno a trovarli, con ovviamente tappe sia a Milano che a Roma.

Sempre a proposito di questa vita interessante, sotto la tua supervisione sono state progettate le ristrutturazioni di importanti complessi, come il Museo Egizio del Cairo, i Musei Nazionali di Teheran, Damasco, Aleppo, Belgrado, ed i musei Regionali di Ebla e dello Shaanxi (Cina). Che ci racconti, di queste meraviglie?

I musei e le biblioteche sono praticamente sempre stati la mia passione. Così ero stato molto felice di potermi dedicare a loro anche progettandoli, studiandone ristrutturazioni ed allestimenti, contribuendo a formarne il personale. Nel quadro del mio lavoro alla Cooperazione allo Sviluppo sognavo poi di poter in qualche modo “mettere la bandiera” del nostro Paese su almeno venti musei e biblioteche presso tutte le latitudini. Purtroppo poi le cose non sempre sono andate come avevo auspicato. 
Al di là di indiscutibili successi come il Museo dei Manoscritti miniati o l’aggiornamento professionale del personale dei Musei della Serbia, le delusioni non sono purtroppo mancate. Il progetto per il Museo archeologico di Teheran, ad esempio, è stato accantonato dalle locali Autorità in quanto non ospita collezioni islamiche, le uniche per loro degne di essere preservate ed ammirate. A Xian (nello Shaanxi) cosa vi era di meglio se non cinesizzare il progetto al termine del nostro intervento? 
Ma quello che è peggio è il non sapere cosa ne sia dei lavori effettuati al Museo di Damasco, in quella martoriata città, abbandonata dalla comunità internazionale. Ebla (Idlib) esiste ancora? La situazione è poi tanto diversa al Cairo? Ti prego di scusarmi, Rossana, ma si tratta di ricordi ancora troppo freschi e dolorosi. Preferirei quindi, se non ti dispiace, passare ad un’altra domanda e non dilungarmi più oltre su questo argomento.

Notte al Museo di Castelvecchio
Veniamo alla scrittura… sei autore di numerosi libri ed articoli su temi dei musei e il tuo ultimo romanzo, pubblicato nel 2012, è “Notte al museo di Castelvecchio”. Ce ne parli?

Sono da sempre stato affascinato dalla scrittura, sia quella degli altri che quella mia potenziale. Adoravo poi le tipografie (che una volta erano ben diverse, con ancora la composizione a mano o linotype). Il mio lavoro mi lasciava tuttavia modesti margini da dedicare ai libri. Nel corso di tutta la vita professionale, ho quindi praticamente prodotto solamente manuali, dispense universitarie, testi monografici su siti archeologici o su musei. Ne ho scritti oltre venti. Poi mi è venuto il desiderio di dedicarmi ad una scrittura “più leggera”. 
E’ così nata dapprima una ricerca bibliografica su come il museo viene raccontato nei romanzi, negli articoli di giornale, nei blog (che splendide giornate passate nelle varie biblioteche romane, da quelle generiche alla specialistiche come quella sul teatro). E poi una ricerca ed interpretazione degli atti delittuosi che sempre più di frequente vengono commessi all’interno dei musei. Ho censito molte tipologie di delitti, ben oltre quello del furto di opere d’arte, che vanno dall’omicidio, alle intimidazioni mafiose, allo stupro, al traffico di droga. Nel raccontarli mi piaceva in particolare immaginare che i musei fossero in qualche modo in grado di comunicare con degli umani, dotati ovviamente di una particolare sensibilità. In un brano mi è ad esempio piaciuto raccontare di un museo che, attraverso il dialogo, riusciva a curare una ragazza anoressica.
Ma ancora non ero del tutto soddisfatto. Era alle opere esposte nei musei che avrei voluto dar vita. 
Cercare di cogliere cosa loro provino, sentano, come guardino a noi umani, se con simpatia o con distacco, se con senso di complicità od all’opposto di grave disagio.
Mi è quindi capitato di andare due volte al Museo di Castelvecchio a Verona, e qui mi si è come accesa una lampadina. Innanzi tutto si tratta di un museo magico, con l’architettura medievale, misteriosa ed armonica ad un tempo, meravigliosamente restaurata da Carlo Scarpa. In una sala, che subito mi rimase cara, sono poi esposte solo trenta opere, quadri e sculture gotiche del Tre e Quattrocento, tutte bellissime e nell’insieme ben conservate.  
Ho così provato a sintonizzarmi con loro, a studiarle una ad una, non per ammirane la fattura, ma per carpirne i segreti. E’ abbastanza semplice immaginare che parlino, anche che facciano commenti e persino pettegolezzi sui visitatori. Sì, ma poi cos’altro? Così tornai ancora diverse volte al museo e continuai a scrutarle attentamente quelle opere, in un iniziale quadro di sospetto, che poi presto si mutò in affettuosa complicità e divertimento, da parte dei custodi. 
Provano sentimenti le opere d’arte? Possono innamorarsi, covare nell’intimo un forte desiderio di fuga, vantarsi di proprie capacità e conoscenze, forse inventate, diffamarsi a vicenda? E come possiamo immaginare che comunichino (o parlino)? Che tipo di cultura hanno, a parte le due o tre opere sapientone, che ricordi e segreti nascondono? E quando parlano o ricordano, i messaggi che trasmettono sono quelli del personaggio rappresentato dall’opera d’arte, o quelli della stessa opera, per come venne plasmata o dipinta da un mastro medievale?
Tutto questo mi affascinava enormemente. E tali sensazioni ed emozioni ho provato a raccontare con: “Notte al Museo di Castelvecchio”. Se poi da domani i lettori ne ricaveranno un sentimento diverso, più diretto per le opere esposte nei musei, di simpatia, ma anche di fratellanza (se posso permettermi questo termine), allora il mio obiettivo sarà stato davvero raggiunto. 
Diciamo che ho un solo cruccio. Ora sono lontano dall’Italia e gli editori con cui pure prima avevo operato, sembra si siano dimenticati di me. O non siano più interessati alle mie opere. “Notte al Museo di Castelvecchio” premeva però per uscire, e così sono ricorso al self printing. In compenso ho avuto la possibilità di impaginare il libro come più mi piaceva.
  
Cosa stai progettando, in questo inizio del 2013?

Quando i miei figli erano piccoli, la sera raccontavo sempre loro delle storie, che in genere inventavo al momento. Ma non avevo mai avuto occasione e tempo per trascriverle. E in fondo non mi interessava nemmeno troppo. Ora però ho due nipotini e sono lontano. Mi è venuta così l’idea di scrivere per loro dei racconti, ovviamente ambientati qui nell’Ontario: “Racconti dello Scoiattolo stanco”. Dei racconti diversi, non moraleggianti, come le fiabe tradizionali. Dei racconti privi poi di lieto fine, anzi spesso con un finale che lo stesso lettore deve costruirsi.  
A fine mese andrò in Italia ed oltre alle visite ai nipotini, mi rintanerò per qualche giorno a ricaricarmi nella mia casetta di Procida, dove grazie all’ispirazione del Vesuvio e del mare, che vedo dalla finestra del mio studio, sono certo che prenderà piede un nuovo libro di racconti. Ne ho già in mente alcuni, come uno sui limoni dipinti dal nipote di Cézanne. Ho già anche un’idea per il titolo: “Racconti dell’albero secco”, un albero con cui eravamo divenuti amici, che al tramonto si tingeva di rosso e che poi l’anno scorso è stato purtroppo abbattuto. Vedremo cosa ne uscirà.
Per quanto riguarda i delitti nei musei, negli anni scorsi ho scritto due volumi e ritenevo l’esperienza conclusa. Ma quasi ogni giorno continuo a registrare nuovi casi, come l’occupazione di musei da parte di disoccupati che cercano così di avere voce, o come le truffe, od ancora l’abuso di potere, che di recente si è materializzato in un importante museo parigino, con l’allontanamento dalla struttura di alcuni visitatori, in quanto sarebbero stati giudicati troppo poveri. Così sto pensando, per ora solo riflettendo, ad un terzo libro, incentrato unicamente sui casi di corruzione, abusi e disagio sociale, non necessariamente a valenza penale.
E poi non vi sono solo i libri. Vi è sempre tanto altro da fare. Ma penso che per oggi basti quanto ho detto.  

Per altri dettagli sui libri di Fabrizio e per leggerne dei brani, potete visitare il sito: http://fabrizioago.altervista.org, mentre per la sua attività professionale, potete visitare il sito: http://fabrizioprof.altervista.org

Grazie infinite, Fabrizio, per avermi concesso l’onore di essere mio ospite. A presto!

Grazie a te, Rossana, per questa tua graditissima ospitalità. Spero solamente di non aver annoiato te ed i lettori con questi miei ricordi personali, ma di aver piuttosto stimolato in tutti un poco di amore in più per i musei e le biblioteche.

(Ricordo a chiunque volesse avere il suo spazio/intervista su questa stessa pagina che mi può scrivere a: info@roxieplace.com)

2 commenti:

BlogItalia.it - La directory italiana dei blog