giovedì 27 settembre 2012

Intervista a Erika Corvo


Oggi, ho il piacere di introdurvi Erika Corvo.
Benvenuta, Erika! 
Ho letto la tua biografia… che vita affascinante, la tua!

Erika Corvo

Ce la vuoi riassumere, svelandoci un po’ del tuo essere?

Ciao a tutti! Per riassumere in breve la mia vita senza ripetere all’infinito quello che ho già detto in altre interviste, ho avuto mezzo secolo di casini a non finire. Tanti, al mio posto, si sarebbero arresi. Qualcuno si sarebbe sparato. Qualcun altro avrebbe combattuto con le unghie e coi denti come ho fatto io. Una volta ho letto una frase, che ho deciso di fare mia: “Non si tratta di subire l’esistenza, ma di trasformarla”. Ho cercato di trasformare in dono tutto quello che mi succedeva di cattivo. In una canzone di Paola Turci c’è una frase mitica: “Combatterò questa paura che ora mi libera”. Ed è quello che ho fatto io: ho usato la mia situazione infernale per farmi crescere le ali e volare via. 
Non è una pubblicità.

Hai iniziato a scrivere da bambina, cosa o chi ti ha più influenzato?

Mio padre si divertiva a scrivere poesiole, raccontini, filastrocche e cambiava i testi alle canzoni facendole diventare spiritose. Niente di speciale, ma amici e parenti si divertivano alle sue trovate. Io sono cresciuta sapendo che fosse possibile farlo; era una cosa normale, e credevo che tutti lo potessero e lo sapessero fare. Andavo ancora alle elementari quando ho iniziato a farlo anch’io. E lo facevo bene. Ci sono rimasta male quando ho capito che gli altri, invece, non ci riuscissero.
Scrivere, poi, è sempre stata la mia passione. Ho iniziato col diario, quando ero proprio piccola. Alle medie avevo già scritto varie raccolte di poesie e iniziavo a cimentarmi nei racconti. Me li ricordo ancora: ingenui, stupidotti, semplici… ma imparavo cosa si dovesse scrivere, e come farlo sempre meglio. Sono sempre stata spietata con me stessa, non mi sono mai crogiolata pensando di essere brava, se quello che facevo non era perfetto. 
I miei non mi facevano mai uscire di casa, e il mio unico svago erano i libri. Ho imparato a leggere molto prima delle elementari, solo perché non sapevo cosa fare. Mio fratello era più grande di tre anni, e andava già a scuola. Quando arrivavano i suoi libri, sussidiario e libro di lettura, lui non li leggeva per tutto l’anno scolastico, io li avevo già letti di nascosto prima di novembre. (“Cosa fai col libro di tuo fratello? Mettilo via che glielo sciupi!” “Ma guardo solo le figure.” Palle. Li sapevo a memoria.)
Va da sé che quando venne il mio turno di andare a scuola, mi annoiassi da matti. Loro leggevano Pinocchio, io leggevo Kipling. Loro leggevano I tre porcellini, io leggevo la vita di Pasteur e i cacciatori di microbi. Loro leggevano Piccole donne, io leggevo I Peccati di Peyton Place e Lolita. Loro leggevano Biancaneve, io ci davo già dentro con gli Urania e con Salgari. Non potrei vivere senza leggere o senza scrivere.

Nel tuo percorso artistico, hai anche scritto musica. Ci parli di questa esperienza?

Avevo quindici anni quando ho iniziato a lavorare, e col primo stipendio ho comprato una chitarra. Nei primi anni settanta, era praticamente obbligatorio avere una chitarra e saper suonare. Osservavo quello che vedevo fare ai miei amici già capaci, poi andavo a casa e ci provavo anch’io. La mia prima canzone aveva solo due accordi: la e mi minore, perché erano i più facili. Poi ho imparato a suonare davvero. I miei idoli musicali? De André, Guccini, De Gregori, e naturalmente i Beatles. Poi sono venuti i Pink Floyd, i Genesis, Emerson Lake & Palmer, e con quelli ho imparato l’inglese. 
Certo che ho sempre avuto una faccia di tolla tremenda! Guccini e De Gregori sono riuscita a conoscerli di persona, e in un concerto di De Gregori sono Riuscita a infilarmi sul palco e suonare una mia canzone. Giuro che è vero. 
Poi ho letto su un giornalino di un concorso per voci nuove, indetto dalla Baby Records. Solita faccia di tolla: vado, suono, canto, e dicono che sono ok. Più di duemila partecipanti, due vincitori: io e un certo Enzo Ghinazzi, che ora tutti conoscono come Pupo. Allora era un ragazzino anche lui, arrivato fresco fresco dalla toscana, e non sapeva neanche cosa volesse dire “pirla”. Gliel’ho spiegato io.
Lui ha continuato, per me invece i boss avevano in mente il ruolo di cantante per bambini. Io scrivevo canzoni impegnate, alla De André, e di fare canzoni per bambini, proprio, non me ne fregava niente. Almeno mi hanno fatto incidere la mia roba, ma è finita lì. Per me è stato un bel gioco e basta. In compenso, i Fratelli La Bionda mi hanno regalato una chitarra vera, perché la mia faceva schifo. Ce l’ho ancora. E’ bellissima.

Quanto di tuo, inserisci nei personaggi che crei per le tue storie?

Tutto. Mi piace l’esempio della torta: gli ingredienti sono già tutti in frigo. Uova, latte, farina…Tu li tiri fuori, mescoli, dosi, aggiungi, impasti… Inforni, ci metti del tuo, e quando esce dal forno, non sono più uova, latte e farina. Si chiama torta. Bellissimo esempio di come il risultato sia maggiore della somma delle singole parti. Parlando di libri, gli ingredienti sono tutte le mie esperienze: quello che ho letto, quello che ho vissuto. Sentimenti, speranze, gioie, dolori, aspettative, delusioni, vittorie; persone buone e persone cattive… mescolo tutto, ci aggiungo del mio, e passo attraverso la biro. Quello che ne esce si chiama romanzo.
Devo averlo già detto, che secondo gli psicologi, uno scrittore non possa fare altro che raccontare se stesso.
Per di più, scrivo come se i personaggi raccontassero gli avvenimenti in prima persona, alternandosi durante il racconto. Questo richiede una immedesimazione totale in ciascun ruolo. Chiudo gli occhi, un bel respiro profondo, e penso: “Ora io sono Brian”… “Ora io sono Juno”… “Io sono Stylo”. Cambio forma mentis, cambio modo di esprimermi, cambio sesso, cambio stile. Il più bel modo di allungare la vita umana: vivere la tua vita e quella di qualcun altro.

Vuoi parlarci del tuo ultimo romanzo “Blado 457 – Oltre la barriera del tempo”? Innanzitutto, cosa o chi nasconde, questo titolo?

Blado 457
Nasconde un grande amore per la natura e l’ecologia. Non so se qualcuno abbia mai pensato seriamente al futuro delle centrali atomiche. Se la crisi attuale aumentasse, nel giro di una ventina d’anni, chi troverebbe più i fondi per smantellarle, metterle in sicurezza, e fare in modo che non possano nuocere per i prossimi trentamila anni?
Il secondo grande interrogativo che pongo nel racconto, è: invece di circondarci di tutta questa tecnologia e crogiolarci al suo sole, non sarebbe utile imparare anche a farne a meno? Possibile che se si guasta la lavatrice o il frigorifero siamo tutti in panico? Eppure solo quarant’anni fa, tutte queste belle comodità, nemmeno esistevano. Come abbiamo fatto a diventarne dipendenti fino a questo punto?
E infine, cosa nasconde, questo libro? Una profezia non desiderata. Ho terminato di scriverlo nel marzo 1997. Quattro anni prima che crollassero le torri gemelle. Avete un’idea di cosa voglia dire aver scritto che aerei di linea avrebbero scatenato l’inferno, e trovarsi quattro anni dopo, impietrita davanti alla tv, a vedere due aerei di linea scatenare l’inferno? Sono molto felice che Blado non sia stato pubblicato prima. Forse avrei vissuto nell’incubo che Bin Laden avesse attinto da me l’idea. 

C’è un racconto al quale sei particolarmente legata e se sì, per quale motivo?

Come no? Il terzo episodio della saga spaziale di Brian Black, che non è ancora stato pubblicato anche se l’ho scritto nell’ottobre 1997. Perché? Perché, a differenza del secondo, che non mi convince tanto, è un capolavoro. Ma non vi anticiperò altro…


Cosa consiglieresti ad un ragazzo che volesse intraprendere la strada della scrittura?

Scegliere una persona che stia sulle scatole a tutti e farla fuori. Pare che l’unico modo di pubblicare un libro e avere pubblicità in tv, sia diventare un criminale. Come è successo ad Amanda Knox, Cesare Battisti, Felice Maniero, Renato Vallanzasca, il comandante Schettino, Salvatore Parolisi… poi c’è quel tizio che ha ammazzato la prostituta e ne ha fatto un romanzo, pubblicizzato direttamente nei TG. Ho saputo in questi giorni che anche Alberto Stasi e Raffaele Sollecito hanno scritto dei libri, pubblicati e pubblicizzati in tv. Se non vi sentite di commettere un omicidio, sappiate che ha pubblicato anche Monica Lewinsky…

Infine, progetti per il futuro?!

La tentazione sarebbe di rispondere: far un p… a qualcuno e poi ammazzarlo così da avere doppia possibilità di venire pubblicata gratis e con pubblicità. No. Non lo farò. Se volete leggere i miei libri, leggeteli, se no, fate quello che vi pare.
Uscirò a breve con altri due romanzi, e se non mi vedrete in libreria, saprete che è perché non ho guai con la legge.

Grazie per essere stata con noi, sarai nostra gradita ospite ogni volta che avrai novità da raccontarci!
Roxie

Grazie a te per avermi ospitato nel tuo spazio. Un bacio grande. 
La vostra Erika.

(Ricordo a chiunque volesse avere il suo spazio/intervista su questa stessa pagina che mi può scrivere a: info@roxieplace.com)





Nessun commento:

Posta un commento

BlogItalia.it - La directory italiana dei blog